NOI SIAMO LA POLIZIA PENITENZIARIA

Il nostro rilievo dei giorni scorsi alle asserzioni della dottoressa Rita Bernardini aveva l’obiettivo di chiarire che le presunte “fughe” dagli Istituti penitenziari dovevano concentrarsi più che sul personale di una delle quattro Forze di Polizia dello Stato, gli Agenti di Polizia Penitenziaria che in un ordinamento rispettoso della Carta Costituzionale italiana (art. 27 – “le pene tendono alla rieducazione”) e delle Raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri (Raccomandazione 2012/5 del sul Codice europeo di etica personale penitenziario – “Il personale penitenziario deve avere nei confronti dei detenuti un ruolo e delle funzioni che si distinguono da quelli della polizia, dell’esercito, della procura e della magistratura) nei contesti carcerari non dovrebbe proprio lavorare.

Ma piuttosto dovevano concentrarsi sul personale penitenziario, dirigenti penitenziari ed educatori, per verificare quanti dirigenti penitenziari (assunti per lavorare in carcere) ed educatori (per seguire le persone detenute), non stanno a loro posto.
Nella replica della Bernardini, dal titolo a nostro avviso ideologicamente orientato ( e cioè “Perché il Dap ha assegnato agli istituti 6.000 agenti in meno rispetto ai 37mila?”), ancora una volta si travisa la realtà.

Si riportano, senza alcuna logica, parte dei dati della pianta organica del Corpo per concludere che 6000 Agenti non lavorano in carcere:

  • 1390 “agenti per la Giustizia minorile e di comunità”: tale personale specializzato lavora nelle carceri minorili e non nei corridoi ministeriali!
  • 620 “Gruppo operativo Mobile 41-bis”, tale personale specializzato lavora nelle carceri ove sono ristretti i più insidiosi criminali non solo per lo Stato italiano!
  • 780 “Reparti operativi e gruppo sportivo”, tale personale adempie a servizi operativi per la sicurezza penitenziaria e per affermare il significato dello sport (esattamente come in tutte le Forze di Polizia!)
  • 94 “Scuole di formazione”, tale personale supporta una delle fasi più strategiche per le organizzazioni: la formazione!!!

Se alcune migliaia di Agenti non lavorano nelle carceri rispetto alle 41mila unità previste è solo perché la Polizia Penitenziaria, esattamente come le altre Forze di Polizia dello Stato, registra carenze di organico rispetto alle dotazioni decretate.
Non c’è alcuna “distrazione” degli Agenti di Polizia Penitenziaria dai propri compiti istituzionali, che non si limitano unicamente al carcere.

LA POLIZIA PENITENZIARIA ITALIANA NON E’ IL CARCERE E SOPRATTUTTO NON E’ IL DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, LO SI COMPRENDESSE UNA VOLTE PER TUTTE!

La Polizia penitenziaria è una Forza di Polizia dello Stato che supporta l’esecuzione penale italiana (dentro e fuori le prigioni di Stato), purtroppo gestita da un Dipartimento che non è il suo Comando Generale.
Se la dott.sa Bernardini ha a cuore le sorti delle persone detenute (questo è per noi motivo di quotidiano orgoglio istituzionale in quanto gli Agenti di Polizia Penitenziaria che lavorano professionalmente “custodiscono”, vale a dire si prendono cura, di quanti sono in espiazione di pena) segnali agli Organi preposti la disattenzione di quanti, proprio in questi giorni, rischiano di vanificare i recenti processi di Riforma della Giustizia italiana.
Il DAP, per quanto ci è dato sapere, starebbe rimodulando le dotazioni organiche del Corpo di Polizia Penitenziaria penalizzando l’esecuzione penale esterna, a tutto svantaggio, quindi, della possibilità di far decollare le misure alternative alla detenzione e le pene sostitutive (che necessariamente vanno supportate e presidiate).
Se non si potenziano gli Uffici di esecuzione penale esterna, se non si assegna personale di Polizia Penitenziaria ai Nuclei preposti alle attività di controllo alle dipendenze funzionali della Magistratura di Sorveglianza, come si può sperare in una inversione di rotta?
In Italia ci sarà sempre e solo carcere quale risposta penale, altro che extrema ratio!

Assegnare più Agenti nelle carceri (piuttosto che educatori) non curandosi di sostenere parallelamente l’operatività del Corpo nell’esecuzione penale esterna, vuol dire non consentire alla Polizia Penitenziaria di attendere ai propri compiti di controllo sulle misure alternative e pene sostitutive, con tutti gli intuibili pregiudizi per l’attuazione del processo di Riforma così tanto atteso che punta ad affermare un concetto che al DAP non si è ancora compreso: LA PLURALITA’ DELLE PENE, NON CARCERE, CARCERE, CARCERE!!!

Il Presidente

Domenico Nicotra

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